Madagascar RN7: in viaggio sull’altopiano
Un viaggio sulla RN7, la dissestata Route Nationale che attraversa gli altopiani centrali del Madagascar, la grande isola al largo della costa africana, scrigno di bellezze naturali, dove l’80 per cento delle specie è endemico, ma dove la stragrande parte della popolazione vive in estrema povertà, con l’equivalente di pochi dollari al giorno. L’acqua corrente e l’elettricità sono un sogno in molti villaggi, raggiungibili solo a piedi. La RN7 attraversa il paese per 900 chilometri, dalla capitale Antananarivo a Toliara, sul Canale del Mozambico, tra le risaie e foreste pluviali, fino alla barriera coralline sotto un cielo azzurro dove si rincorrono veloci le nuvole.
Il mercato di Antananarivo
Il primo impatti con la capitale, conosciuta come Tana, è il colorato mercato di Analakely dove perdersi in un dedalo di vicoli in cerca di stoffe colorate e spezie, amuleti e frutti della passione. Sotto gli ombrelli colorati, si ritrovano quasi tutte le 18 etnie che compongono la popolazione malgascia, un crogiolo di razze di origini diverse ma con una forte impronta asiatica. I primi colonizzatori giunsero infatti dall’Indonesia intorno al 500, navigando per 6000 chilometri attraversando l’oceano su fragili canoe a bilanciere. Dal mercato, partono le scalinate che portano alla Haute-Ville, con il palazzo abitato un tempo dalla famiglia reale, le gallerie di arte primitiva, i bar frequentati dagli expat, gli oggetti d’artigianato etnico che si ritrovano anche al mercato artigianale de la Digue. Dove acquistare, non senza contrattare, sculture di legno intarsiato, lavori di paglia, giocattoli di latta riciclata.
In viaggio sull’altopiano
L’uscita da Tana è trafficata, tra camion puzzolenti e taxi brousse pieni all’inverosimile, che diventano più radi a mano a mano che ci si allontana dalla città. L’altopiano centrale di Ankaratra, a oltre 1800 m. di quota, è la zona più abitata del paese con i terrazzamenti e i villaggi in terra rossa. Ambatolampy è un centro famoso per il riciclo e la lavorazione dell’alluminio, che viene fuso e trasformato in pentole vendute in tutto il paese o in gioielli che finiscono nei negozi europei grazie al lavoro delle ONG. Ma ogni villaggio sembra essere specializzato in un’attività particolare, dalla lavorazione dei cesti in rafia ai giocattoli di legno. Ogni tanto un assembramento di bus e camion annuncia un mercato di frutta e verdura, portata da contadini che hanno percorso anche da decine di chilometri, sempre a piedi.
La seta selvaggia di Soatanana
A un paio d’ore di guida, Antsirabe accoglie con le decine di risciò – pousse pousse – e le architetture di quando, in periodo coloniale era la villeggiatura termale degli europei che vivevano a Tana. Più avanti, Ambositra è la capitale dell’artigianato, una cittadina dove arrivano i capolavori in legno degli Zafimaniry, la tribù che vive isolata sulle montagne, la cui arte di intagliatori è diventata patrimonio immateriale mondiale dell’Unesco. Al mercato si trovano anche le sciarpe in seta selvaggia delle donne di Soatanana, un villaggio di venti famiglie che vivono grazie al recupero di una tecnica antica. Le donne raccolgono i bozzoli selvatici nelle foreste di tapia e li mettono a bollire fino a estrarne una poltiglia che viene poi filata e tinta con colori vegetali: il marrone dei funghi o il giallo della curcuma.
L’incontro con i lemuri
Lungo la RN7 s’incontrano i grandi parchi, dove la foresta primaria si è salvata dalla deforestazione che ha devastato tutto il paese. Cento milioni di anni fa il Madagascar si è staccato dal Godwana, il continente primordiale che comprendeva Africa, India e America del Sud. Il suo isolamento ha consentito una evoluzione unica che nell’ultimo secolo è stata messa in pericolo. Nel Parco di Ranomafana, il cui nome significa acqua calda grazie alle sorgenti termali, si entra in un labirinto di foresta tropicale primaria, abitata da una moltitudine di uccelli, farfalle, camaleonti ma soprattutto da rare specie di lemuri, come sifaka coronato o lapalemure dorato. Al seguito di una guida si cammina nell’area protetta dall’Unesco, tra alberi di palissandro, palme del viaggiatore e felci giganti fino a cascate e ponti sospesi.
La carta antaimoro
Dopo Fianarantsoa, la seconda città dell’isola, la RN7 si lascia alle spalle le risaie per la savana e le nude montagne che sembrano proteggere Ambalavao. Il piccolo centro con le case colorate da buganvillee è famosa per gli zebù e la carta antaimoro, una specie di papiro ricavata da una pianta acquatica, la avoha, era utilizzata un tempo per i testi sacri. Ancora oggi viene impastata, asciugata e decorata con fiori freschi prima di essere trasformata in buste e quaderni. Più avanti si tocca il parco di Anja, gestito da una associazione di villaggi, che protegge foresta e lemuri, dando lavoro ai giovani della zona che si sono trasformati in guide naturalistiche. Al loro seguito si possono avvistare decine di lemuri catta e i più rari lemuri makis.
I labirinti di roccia dell’Isalo
Dopo una corsa nel nulla di una pianura piatta, iniziano a stagliarsi all’orizzonte le montagne dell’Isalo: rocce rosse modellate dal vento e dall’acqua, canyon con cascate e pozze d’acqua dove fare il bagno. Anche per visitare questo parco nazionale bisogna affidarsi all’esperienza di una guida che aiuta a scoprire le rarità botaniche come il baobab nano o i numerosi gruppi di lemuri. Più avanti, la strada inizia a scendere attraversando la savana dell’Horombe, una distesa di piccole palme argentee, fino a Ilakaka, il villaggio sorto dal nulla ai lati della RN7. Alla fine del secolo scorso, con la scoperta di uno dei più grandi giacimenti alluvionali di zaffiro, iniziò una vera corsa alle pietre preziose. Anche oggi gente poverissima scava la terra con pochi strumenti sperando di trovare la gemma che cambierà la loro vita.
Alla fine del mondo
Poi si iniziano a vedere i primi baobab che accompagnano il viaggio fino a Toliara, la città dai grandi viali di tamarindo, i pousse pousse, le capanne di canne e paglia. Davanti c’è solo il mare, con la barriera corallina, le aragoste e i tramonti di fuoco. Mentre i pescatori Vezo rientrano sulle loro canoe scavate nei tronchi.
20 aprile 2019