Mirò a Maiorca
Sono 170 le opere di Joan Miró esposte al Mudec di Milano nella mostra La forza della materia. Artista eclettico, Mirò si esprimeva con tratti semplici dai colori primari come il rosso, il nero, il blu, il giallo. Non solo con la pittura su tele e sui cartoni, ma anche con la ceramica, con la sculture, con gli arazzi. Per capire meglio questo prolifico artista catalano conviene andare a Maiorca, l’isola dove il giovane Joan passava le vacanze estive nella casa della nonna materna e dove si ritirò nel 1940 dopo che i nazisti occuparono Parigi.
A Cala Major, non lontano dal palazzo reale Marivent, la Fundación Pilar e Joan Miró occupa la finca acquistata nel 1956 quando l’artista si trasferì definitivamente a Maiorca, all’età di 63 anni. Con gli anni, la speculazione edilizia ha celato in la vista del mare, ma anche così il posto rimane affascinante, quasi una galleria di architettura a cielo aperto che è insieme un tributo all’opera del prolifico artista, che lavorò sempre, pieno di energia fino a 90 anni.
Il cuore della fondazione è l’edificio a forma di stella progettato dall’architetto Rafael Moneo, dove vengono esposte a rotazione le opere della collezione donata da Miró alla città di Palma. Sul tetto, una vasca richiama l’elemento del mare, oggi nascosto dalle palazzine, mentre l’orto biologico e il giardino vogliono ricreare lo spazio verde della finca all’epoca di Miró. Nell’interno, con grandi spazi aperti giocati su più piani, sono esposte a rotazione le opere donate da Miró alla Fondazione, illuminate dalla luce naturale, filtrata attraverso lastre di alabastro.
Il sogno di Miró di avere uno studio dove lavorare, si realizzò nel 1956 quando diede incarico del progetto all’amico architetto Josep Lluis Sert, collaboratore di Le Corbusier. Entrando in questo spazio enorme, illuminato dalla luce naturale, sembra che il maestro abbia finito di lavorare da pochi minuti. Una ventina di tele incompiute sul cavalletto (Mirò lavorava in contemporanea a più opere), più pennelli, colori e oggetti raccolti e fonte di ispirazione: dai ritagli di giornale alle maschere dell’Oceania. Un grande spazio su due livelli con le finestre che ricevono una luce morbida, riflessa dal muro in pietra maiorchina.
In alto sulla collina, c’è Son Boter, una finca maiorchina, con il pesante portone in legno, il tetto a spioventi, i muri in pietra. Ma è all’interno che si rimane affascinati dal rapporto intimo tra uno spazio tradizionale e la creatività dell’artista che con il carboncino creava sulle pareti imbiancata a calce gli schizzi di lavori e sculture future. In un insieme conturbante e coinvolgente. Poi c’è la stanza del riposo, uno sgabuzzino dove Miró si fermava a riposare e meditare, circondato dai quadri a olio dei genitori e dalle fotografie degli amici.
30 aprile 2016