Sardegna
A ogni passo si affonda nella sabbia e la salita è lenta, ma la vista e il profumo intenso dei ginepri secolari ripaga ogni fatica. Sulle dune di Piscinas la natura è ancora sovrana, come del resto negli stagni costieri del Sinis, sulle scogliere dell’isola di San Pietro o nelle falesie del golfo di Orosei. Trent’anni di sfruttamento disordinato delle coste non sono riuscite a distruggere la bellezza del mare. Ma il rischio è alto, se non si cambia velocemente rotta. Nonostante sia conosciuta per il suo mare e per i suoi fondali, i più belli del Mediterraneo e sicuramente non secondi a quelli delle più esotiche isole caraibiche, è all’interno che la Sardegna riserva forse le migliori sorprese. Le foreste del Goceano, i tonneri delle Barbagie, i tavolati delle Giare, i silenzi dell’orientale sarda, offrono paesaggi primordiali, di una bellezza arcaica.
In trent’anni il volto dell’isola è cambiato profondamente. Correvano i primi anni 70 quando abbiamo messo piede per la prima volta su una terra che profumava di lentisco e rosmarino. Molte strade dell’interno non erano asfaltate e i collegamenti tra i paesi erano assicurati da vecchie corriere. L’aeroporto di Olbia era solo una costruzione in lamiera, senza nastro per la consegna bagagli, e lungo le coste imperavano, invece dei residence e delle seconde case, i casotti colorati in compensato costruiti dai sardi che facevano la villeggiatura in riva al mare, anche se la loro casa distava solo pochi chilometri.
L’avvento di turismo di massa ha spazzato via tutto questo e ha coperto l’isola di una colata di cemento rosa, il colore predominante dei resort turistici che sembra vogliano coordinarsi con il rosa intenso del cisto in fiore o con quello tenue dei fenicotteri. Il gusto di allora lo si può ritrovare ancora nell’interno, avventurandosi sulle strade secondarie (quelle non asfaltate sono in via d’estinzione) che intersecano l’isola in molti tratti ancora selvaggia, accettando senza timore l’invito per un caffè o per un bicchiere di vino che vi saranno offerti anche se solo ci si ferma a chiedere la strada. Un’ospitalità e una curiosità per il forestiero di tipo preindustriale, orgogliosa della propria terra e delle proprie tradizioni. Così profonde e radicate che neppure il loro sfruttamento a uso turistico è riuscito a scalfirne la genuinità.
Sardegna
ClupGiude
349 pagine
1993 – 2003
Cristina Gambaro
Laura Padoan