Un voto contro la peste
Il sole sta tramontando dietro la cima del monte Arcosu, le mucche pascolano sulla spiaggia e l’aria è sospesa. Come sempre al tramonto, quando tutto sembra rallentare in attesa delle tenebre. Ma a Nora c’è qualcosa di diverso nella luce dorata dell’imbrunire.
Un tappeto di fiori
Da un giardino anziane signore spargono sull’asfalto sacchi di petali di rosa. Mentre cuochi in toque escono da un albergo carichi di gladioli, tulipani, alloro e rami di mirto, trasformando la strada in un tappeto profumato. Quando arriva la processione, la luce è ormai fioca e il silenzio è rotto solo dal bisbiglio dell’Ave Maria, recitata in sardo. Prima sfilano le donne, poi gli uomini, seguiti dai cavalieri e dai suonatori di launeddas. Infine arriva il carro trainato dai buoi con la statua di Sant’Efisio, dopo due giorni e trenta chilometri di cammino, il santo è giunto finalmente alla meta! In un atmosfera totalmente diversa da quella della partenza. Davanti alla chiesetta, costruita sul luogo dove la tradizione vuole sia stato martirizzato Efisio, ufficiale dell’esercito romano convertito al cristianesimo, i fedeli si stringono intorno al carro, mentre decine di mani si tendono nella speranza di afferrare una rosa, tra le centinaia ai piedi della statua.
La promessa al santo
Era il 1652, quando la morte nera, la peste descritta da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi, arrivò ad Alghero. Allarmata dal numero crescente delle vittime, la municipalità di Cagliari chiese a Sant’Efisio di risparmiare la città e fece voto di tenere ogni anno una solenne processione. Passarono quattro anni, e la peste arrivò anche a Cagliari. Le autorità rinnovarono il voto e promisero di donare alla chiesa del santo, già allora nel quartiere di Stampace, la somma di 100 scudi. Così a maggio del 1657, la statua di Sant’Efisio fu portata per la prima volta in processione fino a Nora. Da allora il rito si ripete immutato, anno dopo anno, attraversando inossidabile anche i periodi di guerra. Come nel 1943, mentre gli aerei americani sganciavano su Cagliari tonnellate di bombe, e il santo si spostò senza corteo su un camioncino del latte.
Un corteo colorato
A mezzogiorno del 1 maggio, al suono delle campane, Sant’Efisio lascia la sua chiesetta di Stampace, sotto una pioggia di petali. Nel centro di Cagliari è preceduto da un lungo corteo, aperto dalle traccas addobbate a festa, i carri trainati dai buoi usati un tempo per i lavori agricoli. Poi è un’esplosione di colori nelle gonne e nei corsetti dei costumi di tutta la Sardegna. Seguono i miliziani a cavallo, con la divisa settecentesca in panno rosso, non diversi da quelli che all’epoca scortarono la prima processione, e i confratelli della guardiania di Sant’Efisio, elegantissimi a cavallo, in frac nero, cilindro e fascia azzurra. Infine il santo, carico d’oro e di fiori. Mentre tutte le navi del porto suonano la sirena.
In pellegrinaggio
Poi il corteo di ferma nella piccola chiesa di Giorgino, per il cambio di abito e del cocchio, quasi il santo volesse mettersi più comodo, per continuare la strada. Sotto il sole cocente del pomeriggio, si riprende il cammino, passando al margine dello stagno di Santa Gilla e fermandosi in ogni centro per la benedizione. Quando il corteo giunge a Sarroch è ormai notte ma c’è ancora il tempo per un’ultima messa. Si continua il 2 maggio attraversando paesi dalle strade trasformate in tappeti di fiori. A Pula, il santo passa sotto una pioggia di petali, prima di finire il cammino davanti alla piccola chiesa tra le bancarelle della festa, in un intreccio di sacro e profano.
2 maggio 2020